E’ una storia che risale a 5000 anni fa, anche se scienziati e archeologi non sono affatto in grado di fissare il momento in cui fu scoperto il lievito naturale.
Di certo la scoperta fu del tutto casuale: un impasto di farina e acqua, dimenticato per qualche tempo in un angolo caldo e buio fermentò, gonfiandosi e acquisendo un sapore acido.
Nonostante queste visibili trasformazioni, fu ugualmente messo a cuocere e quel che ne risultò fu un pane più soffice, leggero e appetibile.
Gli egizi furono i primi a perfezionare la fabbricazione del pane attraverso la lievitazione, portandolo a livelli artigianali con la definizione della figura professionale del fornaio.
Nel corso della civiltà ellenica l’arte della panificazione compì notevoli progressi, ma sono stati però i Romani a dare alla lavorazione del pane un valore artigianale con l’uso di farine.
A Roma i forni pubblici nacquero nel 168 a.C. e ai tempi di Augusto se ne contavano circa 400.
Il fenomeno misterioso della lievitazione, fu utilizzato per la produzione del pane e per millenni gli uomini utilizzarono una piccola porzione di impasto per produrre la lievitazione degli impasti successivi.
Nel 1680, utilizzando un microscopio, Leeuwenhoeck osservò i globuli del lievito di birra per la prima volta.
Ma fu solo nel 1857, grazie al lavoro dello scienziato francese Pasteur, che il processo di fermentazione venne compreso.
Pasteur era convinto che gli agenti responsabili della fermentazione fossero i lieviti: è riuscito a stabilire il ruolo chiave del lievito, come microrganismo responsabile della fermentazione alcolica.
Egli svelò questi misteri, dimostrando che le cellule del lievito possono vivere in presenza o in assenza di ossigeno.
Aveva ben presto compreso, che il lievito è indispensabile per ottenere gli aromi e i sapori del pane.
Nel corso della storia il lievito per panificazione, “Saccharomyces cerevisiae”, si è imposto in tutto il mondo come il metodo migliore per far crescere gli impasti.