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Proprietà dei vegetali

Le proprietà dei vegetali

Fra tutti vegetali presenti in Natura che possono far parte di una alimentazione Vegan, i più consumati sono la frutta, la verdura, i cereali, i legumi i germogli, i semi oleosi, i tuberi e le radici. Ecco alcune importanti informazioni, nutrizionali che li riguardano.

Verdure e ortaggi

Spesso ci si domanda se ortaggi e verdure siano sinonimi. Per ortaggio si intende il prodotto vegetale coltivato nell’orto e successivamente raccolto. La parola “verdura”, invece, è un termine gastronomico e nutrizionale che indica una “categoria di ortaggio” in base alle parti della pianta (foglie, radici, ecc.) utilizzate nell’alimentazione. Gli ortaggi, infatti, non sono un gruppo omogeneo di alimenti poiché la loro struttura dipende dalle differenti parti delle piante:

alcune delle verdure sono radici: (barbabietola, carota, sedano, ravanello, rafano, rapa) usate in zuppe e in insalate. L’unica eccezione è il rafano che ha una specie di sapore amaro ed è più utilizzato come condimento, per esempio nella salsa di rafano;

i bulbi: (cipolla gialla e rossa, porro, aglio, scalogni, erba cipollina) possono essere utilizzati per il loro gusto in vari piatti, di solito tagliati, tritati o affettati. Inoltre cipolle, porri e scalogni possono essere utilizzati crudi nelle insalate;

gli ortaggi a foglia: (lattuga, radicchio, spinaci, crescione, rucola) sono spesso utilizzati nelle insalate e come guarnizione di piatti e in alcuni casi, ad es. negli spinaci, cotte;

tra i fiori o infiorescenze dell’ortaggio: (broccoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, cavolo, cavolo rosso) i cavoli sono le verdure tipiche, utilizzati crudi, cotti, marinati o come ingredienti per piatti diversi, spesso utilizzati nelle insalate; le altre varietà sono bollite o fatte al vapore;

gli ortaggi a frutto: (avocado, cetrioli, peperoni, pomodori, melanzana, zucche e zucchine) sono in realtà frutti in vari stadi di maturazione contenenti semi al loro interno. Alcuni semi sono commestibili, mentre i semi di altri devono essere rimossi per essere pronti all’uso. Possono essere utilizzati crudi e in insalate, sono alla base di molte salse, zuppe e stufati;

gli steli e germogli: (asparagi verdi e bianchi, carciofi, sedano, finocchi, germogli di fagioli) hanno una vasta gamma d’impieghi. Sedano e germogli, per esempio, possono essere utilizzati crudi in insalata, mentre è comune cucinare gli asparagi e i carciofi;
i baccelli: e i semi (fave, granturco, piselli, piselli dolci/mangetout, riso) per essere consumati sono sempre cucinati;

i tuberi: (patata dolce, patata, carciofi di jerusalem) anch’essi sempre cucinati.

Tuttavia gli ortaggi, pur essendo così diversi hanno, ad eccezione di semi e tuberi, caratteristiche nutrizionali comuni. L’importanza di un’assunzione giornaliera e costante di verdura nella nostra alimentazione è rappresentata da una serie di principi nutritivi che queste ci forniscono come, ad esempio, una buona fonte di fibra alimentare. Questa di per sé non ha valore nutritivo o energetico ma è ugualmente molto importante per la regolazione di diverse funzioni fisiologiche nell’organismo.

La fibra è costituita, per la maggior parte, da carboidrati complessi non direttamente utilizzabili dall’organismo umano. Si dividono in due grandi gruppi: alcuni di questi composti (cellulosa, emicellulosa e lignina) sono insolubili in acqua e agiscono sul funzionamento del tratto gastrointestinale, ritardando lo svuotamento gastrico, facilitando il transito nell’intestino del bolo alimentare e l’evacuazione delle feci. Invece altri composti (pectine, gomme e mucillagini) sono solubili in acqua – nella quale formano dei gel resistenti che rivestono le pareti dell’intestino – e regolano l’assorbimento di alcuni nutrienti (ad esempio zuccheri e grassi) riducendoli e rallentandoli, contribuendo così al controllo del livello di glucosio e di colesterolo nel sangue.

Le verdure forniscono importanti vitamine e sali minerali: ad esempio il pomodoro apporta vitamina C, la carota e gli ortaggi a foglia verde pro-vitamina A. Vanno poi ricordati i folati, vitamine di cui sono ricche le verdure a foglia i quali, insieme alle vitamine del gruppo B, possono contribuire a ridurre nel sangue il livello di omocisteina, un noto fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Sono anche una fonte importante di sali minerali (gli ortaggi a foglia verde sono ricchi di calcio e ferro, la patata e il pomodoro di potassio) anche se l’assorbimento di questi ultimi è in genere inferiore rispetto a quello degli stessi minerali contenuti negli alimenti di origine animale. Il consumo di vegetali può, inoltre, assicurare un apporto rilevante di selenio e zinco che rientrano nei sistemi di difesa antiossidante dell’organismo.

Altre importanti sostanze fornite dalle verdure, pur presenti in quantità relativamente ridotte, sono componenti che svolgono un’azione protettiva prevalentemente di tipo antiossidante contrastando l’azione dei radicali liberi, i quali sono in grado di alterare la struttura delle membrane cellulari e del materiale genetico (il DNA). Tra questi troviamo i carotenoidi (i pigmenti dalla colorazione gialla, arancione e rossa di cui sono ricchi i vegetali- per la presenza di ß-carotene – e quelli rossi come il pomodoro – per la presenza di licopene); i composti fenolici; i tocoferoli (soprattutto negli ortaggi a foglia verde).

La fibra alimentare oltre a facilitare il raggiungimento del senso di sazietà, poiché contribuisce ad aumentare il volume del cibo ingerito e a rallentare lo svuotamento dello stomaco, sembra in grado di ridurre il rischio d’insorgenza di alcune malattie dell’intestino (quali la diverticolosi del colon) e delle vene (quali le varici), nonché d’importanti malattie cronico-degenerative, quali in particolare i tumori del colon-retto (probabilmente per la diluizione di eventuali sostanze cancerogene, per la riduzione del loro tempo di contatto con la mucosa intestinale e per altri meccanismi ancora da chiarire), il diabete e le malattie cardiovascolari (probabilmente regolando i livelli ematici di glucosio e di colesterolo).

Alcuni antiossidanti contenuti nelle verdure sono stati studiati in relazione ai loro potenziali effetti di prevenzione nei confronti del cancro. Ad esempio, diverse classi di composti solforati (isotiocianati e ditioltioni di cui sono ricche le verdure della famiglia delle crocifere come broccolo, cavolfiore, cavolo; gli allilsolfuri di cui è ricco l’aglio) facilitano a livello cellulare l’eliminazione di sostanze cancerogene. Gli isoflavoni e i fitoestrogeni sembrano inibire la crescita di alcune cellule tumorali.

Essere consumatori responsabili significa riconoscere, acquistare, consumare e conservare gli ortaggi nel modo più appropriato e nel rispetto delle loro preziose proprietà nutritive. Un primo aspetto è di scegliere scegliere ortaggi di stagione (ricchi di tutte le caratteristiche nutrizionali) facendo attenzione anche ai prodotti locali magari rifornendosi nei mercati gestiti direttamente dagli agricoltori. Potrà essere un modo sano ed equilibrato di mangiare e contribuire a proteggere l’ambiente, limitando fra l’altro l’inquinamento dovuto al trasporto delle merci. Scegliere verdura con etichettatura e tracciabilità di filiera che consiste nella possibilità di ricostruire la storia del prodotto che stiamo per consumare.

Riconoscere le categorie che indicano la qualità degli ortaggi (categoria Extra: ortaggi di forma regolare, ben puliti, privi di difetti; categoria I: ortaggi di buona qualità interi, di forma abbastanza regolare, dove sono ammessi lievissimi segni di lesioni; categoria II: ortaggi con caratteristiche di qualità inferiore dove sono ammessi difetti dovuti al sole, piccole lacerazioni nelle foglie o leggere contusioni, forma irregolare ma mai difetti che ne pregiudichino l’utilizzo).

Per il consumo degli ortaggi sarebbe meglio mangiare verdura cruda ma non tutte le varietà sono appetibili se non cucinate e allora preferire cotture in umido e a vapore che è uno dei modi migliori di cuocere gli ortaggi. Infine la conservazione delle verdure che possono essere conservate in frigorifero nello scomparto apposito per frutta e verdure. La temperatura giusta per una corretta conservazione è di 4-5° C. L’introito raccomandato di fibra è intorno ai 30-35 grammi/giorno (per il bambino 5 grammi/giorno più 1 grammo moltiplicato per l’età), quantità superiore a quella che attualmente si assume in Italia.

Per raggiungere i livelli raccomandati è bene consumare più spesso alimenti ricchi in fibra invece di ricorrere a prodotti dietetici “concentrati in fibra” poiché finora nessuno studio ha dimostrato che la somministrazione dei singoli componenti sotto forma di integratori possa dare gli stessi effetti benefici che sono associati all’ingestione di vegetali. Si pensa, infatti, che tali effetti siano dovuti soprattutto all’azione congiunta e sinergica di molteplici costituenti presenti nell’alimento. Quest’azione sembra venir meno nel momento in cui tali composti benefici vengono a essere ingeriti singolarmente e in forma relativamente concentrata negli integratori e in altre sostanze similari.

La frutta

La frutta forma un gruppo di alimenti più omogeneo di quello degli ortaggi e delle verdure. Esistono, però, differenze nel suo valore nutritivo e nelle sue possibilità di conservazione; queste riguardano la conformazione (la frutta a buccia spesso è meno fragile di quella a buccia sottile), il colore (la frutta colorata è molto più ricca di vitamina A e C) e la diversità della selezione genetica. E’ alla piena maturità che la frutta raggiunge il massimo delle sue qualità nutritive e gustative ma la frutta matura non si trasporta sempre bene e la frutta buona non è sempre bella: le varietà selezionate sono state scelte più per la buona attitudine al trasporto e il bell’aspetto che per il gusto o il valore vitaminico.

Esistono molto spesso delle discordanze tra il concetto botanico di frutto – inteso come prodotto di trasformazione dell’ovario del fiore dopo la fecondazione – che comprende anche alcuni ortaggi come melanzane, pomodori, zucche, ecc e il significato che correttamente gli viene attribuito e cioè quello di alimento che abitualmente serve a concludere un pasto.

Per il botanico, quindi, non esiste differenza tra frutta e verdura: una melanzana è un vero frutto quanto una pesca, anche se non è dolce! Sempre da un punto di vista botanico, la funzione del frutto è di proteggere e accompagnare lo sviluppo dei semi e degli embrioni in essi contenuti, favorendo inoltre la disseminazione, utile per la pianta per la diffusione della specie e per ridurre i fenomeni di concorrenza all’interno della stessa specie che avremmo invece se le nuove piantine nascessero ai piedi della pianta madre. In generale nel frutto distinguiamo tre strati: esocarpo, mesocarpo ed endocarpo che insieme formano il pericarpo che avvolge il seme o i semi.

Talvolta questi tre strati sono molto evidenti, per esempio nella pesca essi corrispondono a buccia, polpa e nocciolo contenente il seme. Molte altre volte invece tali strati sono assai meno distinguibili, per esempio nell’uva. Una prima classificazione dei frutti è tra frutti veri e falsi frutti o pomi. Nel primo caso il frutto deriva solo dall’ovario del fiore, nel secondo anche dal ricettacolo che avvolge l’ovario (per esempio in una mela o in una pera: la parte che mangiamo deriva dal ricettacolo, la parte invece che contiene i semi e che scartiamo deriva dall’ovario). Una seconda distinzione è tra frutti carnosi e frutti secchi.

Per la distinzione bisogna osservare il frutto a maturità, cioè quando i semi sono completamente sviluppati e pronti per la disseminazione. Se a questo punto il frutto è ancora più o meno polposo e idratato, è un frutto carnoso (mele, angurie, limoni), se invece tutte le cellule del frutto sono disidratate e quindi morte e di vivo ci sono solo i semi in esso contenuti, allora è un frutto secco (nocciola, legume, cariosside). 

Per la botanica questi “frutti secchi” sono una cosa completamente diversa dalla “frutta secca”: per esempio il mandorlo e il pesco producono lo stesso tipo di frutto carnoso, la drupa, solo che della mandorla mangiamo quello che di una pesca buttiamo, cioè il seme contenuto nel nocciolo. Dato l’estrema varietà dei principi nutritivi nei diversi frutti, nasce inoltre la necessità di suddividere la frutta in:

acidulo-zuccherina: mele, pere, pesche, susine, uva, albicocche, ciliegie, fragole, lamponi;

acidula: contiene circa il 15% di zuccheri fornendo un apporto calorico massimo di circa 60Kcal (agrumi);

zuccherina: contiene più del 15% di zuccheri fornendo un apporto calorico superiore alle 70 Kcal (fichi, banane, ananas);

farinosa: castagne;

oleosa: contiene un elevato quantitativo di lipidi (50-65%) e proteine (10-20%) oltre ad un discreto quantitativo di carboidrati (15-20%). L’apporto calorico è di circa 600 Kcal (arachidi, noci, nocciole, mandorle, pinoli, pistacchi).

La frutta, ad eccezione dell’oleosa, è un alimento ad alta densità nutritiva e a bassa densità calorica caratterizzata da tutta una serie di principi nutritivi:

  • elevato contenuto di acqua (dall’80 al 96% del peso; il massimo lo ritroviamo nel cocomero)
  • alto contenuto di vitamine A e C
  • sali minerali come K, Mg, Fe, Ca che sono assicurati dalla frutta e dalla verdura, nei Paesi industrializzati, per circa 1/5 delle quantità raccomandate
  • fibra alimentare (cellulosa, emicellulosa e pectina)
  • contenuto proteico e lipidico irrilevante
  • buon contenuto di zuccheri (saccarosio e fruttosio) presenti soprattutto nella frutta polposa e zuccherina.

Il ruolo protettivo dei principi nutritivi contenuti nella frutta e nella verdura è oramai noto. Questi numerosi principi chimicamente isolati, purificati e somministrati, non hanno però gli stessi effetti positivi di quando sono nel frutto perché la loro azione è una sinergia che avviene con tutti gli altri componenti vegetali (oli essenziali, tannini, pectine, ecc) presenti nel frutto stesso. Le principali funzioni della frutta e verdura sono:

  • azione vitaminizzante grazie al notevole apporto di vitamine;
  • azione mineralizzante esercitata soprattutto da sali di calcio, ferro, rame, cobalto, manganese e zinco;
  • azione diuretica e disintossicante grazie alla prevalenza di potassio che facilita l’eliminazione dei prodotti del metabolismo azotato e l’eccesso di cloruri;
  • azione alcalinizzante utile nei confronti di alimenti proteici (acido-formatori);
  • azione lassativa esercitata dalla fibra che stimola la peristalsi intestinale (anche se alcuni frutti contengono alte quantità di tannini con proprietà astringenti, ad es. nelle mele cotogne, nespole, lamponi);
  • azione stimolante la digestione determinata dagli acidi organici (citrico, ascorbico, ecc) che stimolano la produzione di succhi digestivi.

Al fine di utilizzare in modo ottimale il contenuto in principi nutritivi, la frutta dovrebbe essere consumata dopo il raccolto, in quanto molte vitamine si riducono con il trascorrere del tempo; cruda perché le vitamine A, B, C ed E, sono disattivate dal calore; e non eccessivamente lavata, perché le vitamine B e C sono idrosolubili così come i sali minerali.

Per il primo punto si può ovviare con il consumo di prodotti locali su base stagionale che garantisce:

  • la maturazione sulla pianta
  • il migliore sapore
  • il maggiore apporto di sostanze nutritive
  • la garanzia di freschezza
  • la ridotta presenza di conservanti
  • le pratiche di coltivazione conosciute (UE)
  • il risparmio
  • una dieta variata in modo naturale.

In linea generale si può dire che tanto più le produzioni sono distanti dalla regione di consumo, tanto minori sono le garanzie di qualità e freschezza. Per ovviare al problema di non lavare eccessivamente la frutta, va sottolineato prima di tutto che il lavaggio è indispensabile per allontanare tutti quegli inquinanti chimici utilizzati nell’agricoltura moderna e che quindi preferire frutta proveniente da un’agricoltura biologica o biodinamica, può essere un buon compromesso.

I cereali

I cereali sono tra i più coltivati al mondo (8700 specie) e la loro diffusione dipende da diversi fattori quali la capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali (deserti, ambienti umidi di acqua dolce e marina), la facilità di conservazione del prodotto secco, l’elevata digeribilità, il gusto neutro che si può abbinare a moltissimi altri sapori, dalla possibilità di essere consumati tali e quali o trasformati (si possono consumare interi, sfarinati, germogliati, ecc.), dalla bassa richiesta di manodopera e dalla possibilità di meccanizzazione della coltura stessa. Nel mondo i cereali occupano circa il 50% della superficie a seminativo e sono coltivati in tutti i continenti. In Italia coprono il 45% della superficie a seminativo. Le specie più importanti e diffuse di cereali sono:

  • il Frumento Triticum spp.;
  • il Riso Oryza sativa;
  • l’Orzo Hordeum vulgare;
  • il Mais Zea mays;
  • l’Avena Avena spp.;
  • il Sorgo Sorghum vulgare;
  • la Segale Secale cereale.

Il frutto dei cereali è la cariosside, frutto secco indeiscente che ha come caratteristica di essere saldamente concresciuto con il seme, per cui frutto e seme costituiscono un unico corpo. Tutti i cereali hanno una struttura simile, suddivisa in tre parti: l’endosperma interno amidaceo e proteico, il germe o embrione ricco di micronutrienti come vitamine del gruppo B, vitamina E, antiossidanti, fitonutrienti e grassi insaturi e la crusca esterna ricca di fibre e importanti antiossidanti, che forma uno strato protettivo intorno al chicco.

Alle cariossidi dei cereali sono tolti, di solito, gli strati esterni indigeribili (lignine e cellulosa della crusca) e alcune parti interne ricche di grassi e quindi facilmente alterabili (germe), mettendo a disposizione per l’uso alimentare il solo endosperma (amido e parte di proteine). Il grado di separazione delle varie componenti della cariosside (processo di abburattamento o raffinazione), determina il tipo di prodotto e le sue caratteristiche nutrizionali.

Molta dell’attenzione sulla differenza tra cibi integrali e raffinati è caduta su una serie di polisaccaridi indigeribili di origine vegetale, le fibre alimentari, che sono normalmente perse nei processi di raffinazione. Le diete occidentali introducono giornalmente 10-15 g di fibre al giorno, le vegetariane 40-50 g. Non esiste ancora un accordo sulla quantità ottimale di assunzione ma molti istituti e l’OMS raccomandano un introito giornaliero di 30-45 g al giorno, cioè doppio o triplo dell’attuale.

Da qui nasce la necessità di consumare nell’alimentazione quotidiana, oltre a frutta e verdura, anche una buona parte di cereali integrali. Tra questi, reperibili sul mercato, troviamo il frumento integrale, l’avena/la farina d’avena integrale, la farina di mais integrale, il riso bruno, il riso selvatico, la segale integrale, l’orzo integrale, il grano saraceno, il grano duro perlato, il triticale, il miglio, la quinoa, il sorgo, il farro e la spelta.

Tutti i cereali a chicco vanno apprezzati, valorizzati e utilizzati a rotazione, poiché ognuno ha proprietà e caratteristiche specifiche. Come per le verdure e gli ortaggi, così come per i cereali e gli amidacei vale l’imperativo di non fissarsi solamente su alcuni, dimenticando tutti gli altri. La ripetitività nutrizionale significa, infatti, limitato e monotono apporto nutrizionale.

Nel corso degli ultimi trent’anni si è verificata una profonda trasformazione del concetto di alimentazione; infatti, mentre nel passato gli alimenti erano considerati, quasi esclusivamente come fattori indispensabili per lo sviluppo e la crescita del corpo, oggi è riconosciuto loro un ruolo chiave nella determinazione della qualità della vita.

Si è andato così sviluppando il concetto di alimenti funzionali (functional foods), cioè di alimenti capaci di svolgere, al di là dei normali effetti nutrizionali, un’azione benefica su una o più funzioni dell’organismo, per il miglioramento dello stato di salute e di benessere. I cereali, da sempre prodotti base della dieta mediterranea, possono rivestire un ruolo importante anche nella società moderna come materia prima per alimenti funzionali poiché contengono alcuni componenti regolatori d’importanti funzioni vitali, quali fibre, sostanze antiossidanti, fitosteroli ecc, ricoprendo la seconda posizione nel segmento di mercato dei cosiddetti functional foods dopo i prodotti a base di latte e derivati.

A livello nutrizionale, i cereali rappresentano un’ottima fonte energetica essendo ricchi in carboidrati; sono anche una discreta fonte di proteine, sali minerali, vitamine e fibre ed hanno un basso contenuto in lipidi. I numerosi composti bioattivi sono localizzati in parti differenti della cariosside fra cui beta-glucani, lignani, tocotrienoli, folati, fruttani, fitosteroli, polifenoli, policosanoli, fitati, pentosani, arabinoxilani che svolgono numerose attività biologiche (prebiotica, probiotica, antiossidante, ipoglicemica, ipocolesterolemica, riduzione di malattie cardiovascolari, cancro del colon e difetti del tubo neurale) che, mediante le alcune tecnologie di frazionamento e ricombinazione, possono essere isolati/concentrati in alcune frazioni da utilizzare come ingredienti per lo sviluppo di alimenti funzionali. 

Tutti i cereali sono difficilmente commestibili da crudi ed è per questo che l’uomo ha imparato a fermentarli e/o cucinarli. I cereali sono principalmente utilizzati in cucina per la produzione di pane, pasta e farine ma anche per la preparazione, a seguito della fermentazione, di bevande alcoliche come whiskey e birra (orzo, sorgo), vodka (grano), bourbon americano (segale), sakè giapponese (riso). La fermentazione dei cereali provoca cambiamenti nella qualità degli alimenti, comprese la tessitura, il sapore, l’aspetto, la nutrizione e la sicurezza. I vantaggi della fermentazione possono comprendere:

  • il miglioramento dell’appetibilità e dell’accettabilità influenzando le caratteristiche organolettiche (aroma, sapore, colore, consistenza);
  • la conservazione attraverso l’acidificazione e la produzione di composti antimicrobici, che migliorano la sicurezza degli alimenti;
  • l’aumento del valore nutrizionale attraverso la sintesi di sostanze nutritive da parte dei microrganismi;
  • il miglioramento della digeribilità delle proteine e dei carboidrati;
  • la rimozione di sostanze antinutrizionali (fitato, inibitori di enzimi, polifenoli, tannini) e composti indesiderati (tossine endogene, micotossine, composti cianogenici, flatulenza prodotta dalla presenza di carboidrati).

Gli unici cereali che per certo contengono le proteine dannose per la mucosa intestinale dei celiaci sono il frumento, la segale e l’orzo, oltre al risultato dell’incrocio frumento-segale noto come triticale. La tassonomia indica anche che tutti i cereali che sono inclusi nel genere Triticum e che contengono proteine del glutine (inclusa la gliadina), per analogia con il frumento debbano essere esclusi dalla dieta. Tra questi ricordiamo soprattutto il farro.

Fino a poco tempo fa anche l’avena era tra gli alimenti certamente sconsigliati; studi più recenti sembrano invece indicare che l’avenina, proteina strutturalmente simile ma non identica alla gliadina, potrebbe non essere nociva per i soggetti con celiachia. Le prove che i ricercatori stanno raccogliendo in questo senso sembrano portare a una definitiva conferma della possibilità per il celiaco di consumare liberamente alimenti contenenti avena.

Nella realtà ci sono però alcuni problemi pratici; ad esempio l’avena può essere coltivata in rotazione con il frumento o in campi confinanti e c’è il rischio che siano utilizzati per la lavorazione i medesimi macchinari e che i silos di stoccaggio siano talora comuni. La contaminazione dell’avena con piccole quantità di frumento è pertanto possibile. Oltre a questi cereali più comuni, ne esistono altri di uso meno frequente che, comunque, devono essere evitati. Sono:

  • Bulgur: grano cotto diffuso in Medio Oriente
  • Cous-cous: piatto arabo fatto con semola di grano duro
  • Kamut: grano egiziano
  • Spelta: varietà del farro
  • Seitan: deriva dal glutine del frumento, molto diffuso nella cucina orientale.

I legumi

I legumi sono i semi commestibili contenuti nel baccello delle piante appartenenti alla famiglia delle Leguminose. Coltivati e consumati dall’uomo fin dai tempi più remoti: sono stati rinvenuti semi di lenticchie, piselli e soia che risalgono addirittura a oltre 5000 anni a.C. Scopriamoli meglio.

Esistono numerosissime varietà di legumi diffuse in quasi tutti i paesi del mondo. In Italia le varietà più comuni sono i fagioli, i piselli, le lenticchie, i ceci, le fave; meno conosciuti sono le cicerchie e i lupini. A questi va aggiunta la soia originaria dell’Asia e ormai coltivata anche in altri Paesi. In genere, i legumi si consumano essiccati e si trovano in commercio tutto l’anno; alcuni, come ad esempio i fagioli, i piselli e le fave, possono essere utilizzati anche freschi, nella stagione in cui sono raccolti.

I legumi sono un alimento d’eccellenza. Sono un’ottima fonte di proteine contenendone, allo stato secco, dal 20 al 40% (il livello più alto nei semi di soia secca); una percentuale quasi doppia rispetto a quella dei cereali. Quanto ai grassi, ad eccezione della soia con il 18%, ne contengono pochi (2-4%) e sono consigliabili anche nelle diete ipolipidiche. Presentano un elevato contenuto di fibre alimentari, sia insolubili (la cellulosa della buccia esterna) utili per regolare le funzioni intestinali, sia solubili, che contribuiscono al controllo dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue.

Il valore energetico delle leguminose è tra i più elevati del mondo vegetale rappresentando un’ottima fonte di energia per l’organismo: i carboidrati (soprattutto amidi) infatti, rappresentano circa il 50% del loro peso secco. Contengono una discreta quantità di sali minerali, come ferro, calcio (presente però in una forma non del tutto disponibile per l’assorbimento nell’organismo), potassio, fosforo e magnesio, vitamine del gruppo B (tiamina, riboflavina e niacina) e, quando sono freschi, anche vitamina C.

C’è da aggiungere, ancora, che i legumi sono ricchi di acido fitico o fitina (contenuta anche in tutti i cereali) che è capace di legare a sé i minerali diminuendone l’assorbimento intestinale. Bisogna quindi tener conto del fatto che, sia per i legumi sia per i cereali, le sostanze nutritive effettivamente assorbite sono inferiori a quelle riportate sulle tabelle di composizione. I legumi sono uno dei cibi con proprietà anticolesterolo. Contengono, infatti, una famiglia di sostanze (le saponine) in grado di sequestrare il colesterolo “cattivo” (LDL) e quindi impedirne l’assimilazione, riducendo in tal modo il contenuto di tale colesterolo nel sangue.

Senza considerare che i legumi contengono la lecitina, (in media 1g per 100g; 2,5g nella soia) che è un ottimo emulsionante e che quindi favorisce l’eliminazione del colesterolo nel sangue attraverso le vie biliari oltre ad abbassare i trigliceridi nel sangue. Anche la stitichezza e altri disturbi derivanti dal consumo di troppi cibi raffinati (come emorroidi, diverticolosi, ecc) sono risolti con l’utilizzo di legumi, che sono molto ricchi di fibra alimentare.

C’è da sottolineare che piselli e lenticchie, avendo un discreto contenuto purinico, sono controindicati per uricemici e gottosi. Anche nell’alimentazione per soggetti sani, piselli e lenticchie non dovrebbero essere associati ad alimenti contenenti elevate quantità di purine come carne e frattaglie.

Le fave, infine, possono dare spesso manifestazioni allergiche. L’abbinamento legumi e cereali ha origini antiche, numerose civiltà e culture tradizionali hanno, infatti, sviluppato le loro abitudini alimentari intorno a questo binomio. I saperi tradizionali, con quest’abbinamento, hanno in qualche modo anticipato le conoscenze di dietetica e di scienza dell’alimentazione attuali: sappiamo, infatti, che le proteine apportano una discreta quantità di alcuni aminoacidi essenziali – in particolar modo la lisina – mentre sono carenti di una famiglia di aminoacidi – metionina e cisteina – che i cereali contengono invece in buone dosi.

La loro associazione porta a un piatto completo ed equilibrato con contenuto proteico “globalmente” di alto valore biologico ma anche glucidico e calorico. Pasta e ceci, riso e piselli, zuppe di pane e legumi costituiscono piatti unici della nostra tradizione di buon valore nutrizionale e di costo economico contenuto. In pratica, tenendo conto della maggior ricchezza proteica dei legumi, è ideale una combinazione costituita per 2/3 da cereali e per 1/3 da legumi. A fronte di tante virtù, c’è da dire che i legumi presentano anche qualche piccolo punto debole:

  • Prima della cottura i legumi secchi vanno messi in ammollo per 12-24 ore. Questo è necessario non solo per una cottura più rapida ma soprattutto perché avvengano quei processi in grado di incrementare il valore nutritivo dei legumi. L’ammollo dei semi (cambiando più volte l’acqua) e la cottura poi (gettando l’acqua di cottura), consente l’eliminazione di “fattori antinutrizionali”. I più importanti sono i fattori antitriptici e le fitoemoagglutinine; i primi ostacolano l’azione della tripsina, un enzima che serve per digerire le proteine, mentre le seconde sono dei composti capaci di combinarsi con i globuli rossi del sangue e causare disturbi circolatori.
  • È nozione comune che i legumi provochino flatulenza e altri disturbi digestivi. Ciò dipende dalla presenza, nei semi, di particolari carboidrati come il raffinosio e lo stachiosio che non sono eliminati con la cottura e non possono essere digeriti, poiché nell’organismo umano mancano gli enzimi intestinali necessari. Questi carboidrati, quindi, sono parzialmente degradati per opera della flora batterica, producendo gas. Si può ovviare in parte a questo problema decorticando i legumi, cioè consumandoli privi della buccia; in questo modo possono essere somministrati anche ai bambini fin dallo svezzamento. Un buon ammollo e una cottura prolungata nella pentola a pressione (a 118° C per 30 minuti) oppure la cottura tradizionale molto prolungata (85° C per due ore) può attenuarlo ma non eliminarlo completamente, così come l’aggiunta di semi di finocchio o di alloro all’acqua di cottura. Un accorgimento importante sembra essere quello di aggiungere il sale solo a fine cottura: questo permetterebbe di evitare l’indurimento della buccia esterna del legumi.

Non aggiungete bicarbonato all’acqua di ammollo né a quella di cottura: rende le vitamine più instabili al calore, soprattutto la vitamina B1 sensibile agli alcali.

Semi oleosi

Tanto piccini, i semi oleosi sono una miniera di fibre, minerali, acidi grassi essenziali, enzimi, antiossidanti e proteine. Hanno un valore nutritivo importante e possiedono la caratteristica di poter essere aggiunti alle ricette senza modificarne il sapore ma apportando notevoli benefici per il benessere. Immaginiamoci mentre passiamo per i cinque pasti della giornata, due spuntini e tre pasti veri e propri in compagnia degli amici semi.

Per colazione, un buon caffè d’orzo, fette biscottate o pane integrale, miele e marmellata bio, un paio di noci e un vasetto di yogurt vegetale. I semi di sesamo, semi di zucca o semi di papavero possono essere ingredienti ottimi da unire alla farina integrale, lievito e poco sale per il pane fatto in casa. Nello yogurt mettiamo invece mezzo cucchiaino di semi di girasole o di semi di chia. I semi di girasole e di zucca possono entrare a far parte dei cereali o muesli vegan da mettere nel latte vegetale.

Come snack di metà mattina insieme alla barretta fatta in casa, in cui abbiamo usato tra i vari ingredienti anche i semi di sesamo, possiamo sgranocchiare semi di zucca e semi di girasole al naturale. Anche un frutto (mela o banana) e qualche seme tra un morso e l’altro sono un toccasana energetico. Per pranzo se preparate una ricca insalata con legumi, lenticchie e fagioli per esempio, e verdure di stagione, aggiungete semi di chia e semi di girasole o di zucca.

Il sesamo diventa un ingrediente importante per accompagnare questo piatto: il consiglio è quello infatti di affiancarvi un ottimo humus, fatto con la salsa tahin, a base di sesamo. Se invece vi buttate sui primi piatti, come la pasta, usate i semi di canapa o i semi di zucca per preparare un pesto delizioso, frullandoli insieme al basilico, alla rucola oppure ai broccoli. Se preferite un secondo piatto, sappiate che con i semi di canapa si prepara anche l’hemp-fu, il tofu di canapa, un prodotto simile al tofu di soia ma dal sapore più deciso. Si tratta di un ingrediente molto utilizzato nella dieta vegana o vegetariana per preparare creme (dolci o salate) o da gustare saltato in padella.

Per merenda, i semi di zucca diventano, insieme a noci, mandorle o anacardi, un ricco ingrediente da aggiungere ai frullati di frutta o verdura. Se invece si preferisce sorseggiare un tè caldo, si possono consumare così al naturale come accompagnamento. Le fettine di pane integrale si possono spalmare con una delicata e nutriente crema di semi di girasole, preparata mettendo nel mixer 4 cucchiai di semi, mezzo spicchio di aglio, un pizzico di peperoncino o pepe, qualche foglia di prezzemolo, un paio di cucchiai di olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale.

Per cena una buona zuppa o minestra si può arricchire di semi di lino, da aggiungere in fine cottura, lasciando a riposo qualche minuto prima di servire, così da permettere la formazione del prezioso olio. Altra preparazione vede protagonisti i semi di canapa in quello che i giapponesi chiamano shichimi, ovvero una tradizionale miscela di spezie (semi di canapa, zenzero, semi di sesamo, alghe nori, scorze di mandarino, peperoncino, pepe nero) simile ad un peperoncino molto aromatizzato e dal caratteristico colore arancione; si usa per condire zuppe e pietanze a base di riso.

Se si prepara qualcosa di proteico, come seitan o tofu saltati, i semi di zucca o di chia possono essere un’ottima aggiunta, insieme a qualche fettina di cipolla, carota o zucchina tagliate sottili. Come contorno si può preparare un’ottima insalata aricchita di alghe e semi di sesamo oppure fagiolini e salsa ai semi di sesamo, così da aggiungere un tocco orientale. Quindi, semi di sesamo, semi di papavero, semi di canapa, semi di lino, semi di girasole, semi di zucca, semi di chia sono da tenere sempre in dispensa. Si acquistano presso negozietti biologici, market etnici, supermercati.

Si conservano in barattoli di vetro, in estate possibilmente riposti in frigorifero. Infine, ecco qualche accorgimento generale di uso quotidiano: macinando i semi e mescolandoli con il sale fino si ottiene un condimento noto con il nome di gomasio. I semi di lino, lasciati qualche ora in ammollo, producono un olio “legante” in cucina, che si può utilizzare anche al posto delle uova nella preparazione di piatti vegani.

Non dimenticatevi i semi nealche nelle ricette dolci: torte e biscotti hanno come ingrediente extra semi di papavero (per esempio nella preparazione dello strudel altoatesino), semi di sesamo (i biscotti Ghribas marocchini o i “regina” siciliani), semi di lino (biscotti, pancake e muffin vegan). Curiosità: la cucina indiana è senz’altro tra le più ricche di semi: oltre ai sopra citati, si usano semi di senape, semi si cipolla, semi di cardamomo, di coriandolo e di cumino.

I germogli

I germogli sono ricchi di vitamine ed hanno un ottimo contenuto nutritivo. Utili per per combattere i radicali liberi e ringiovanire i tessuti, sono noti anche per rafforzare l’organismo. Scopriamoli meglio. Viene detto che il consumo di germogli come cibo apporti più nutrienti di qualunque altro genere alimentare! Infatti hanno un alto contenuto di vitamine, di sali minerali, di proteine e tante altre sostanze benefiche come enzimi, fibra, clorofilla, ecc… Inoltre l’efficienza di creazione per questo genere alimentare è una delle migliori proprio perché impiega poco tempo per la crescita, poca energia e poche risorse per il suo sviluppo da seme a germoglio di uso alimentare. Ecco dieci buoni motivi per mangiare i germogli:

Ottimi nutrienti: i germogli contengono alte percentuali di proteine, vitamine, sali minerali e altre sostanze benefiche come fibre e acidi grassi essenziali. Rientrano inoltre tra i cibi disintossicanti e anti tossine.

Le vitamine: durante il processo di germogliazione aumentano da 100% dal seme e persino a 1400% rispetto ai tessuti della pianta adulta.

Non perdono contenuto nutritivo: a differenza degli ortaggi che una volta raccolti cominciano progressivamente a perdere potere nutrizionale.

Le proteine presenti possono arrivare al 35% e queste proteine vegetali sono meglio assimilabili poiché forniti in forma semplice di singoli amminoacidi. Alcuni germogli contengono tutti e 8 gli amminoacidi essenziali (ad esempio l’alfa-alfa).

La presenza di enzimi metabolici, vivi e vitali, che servono a mantenere il nostro corpo sano grazie alle loro funzioni di sintesi e trasformazione cellulare.

Sono alimenti molto sazianti: ciò significa che mangiandoli il nostro senso di fame viene appagato molto velocemente e questo permetterà una riduzione di quantità nel consumo di cibo risultando così di aiuto nelle diete dimagranti senza però incorrere nel rischio di carenze.

Ogni momento dell’anno: facilmente coltivabili in casa in qualsiasi stagione e in qualsiasi luogo.

Economici e naturali: basta una busta di semi per avere molte dosi di germogli. Poco tempo, poche energie e poche risorse per un massimo profitto ed un’ottima efficienza di nutrienti. Inoltre l’autoproduzione permette un miglior controllo del prodotto e, partendo con l’acquisto di sementi bio avremo un cibo supernutriente e biologico.

Biodisponibilità: i nutrienti sono molto ben assimilabili. Ad esempio per oligoelementi o minerali, come calcio e magnesio, avviene un meccanismo di legame tra essi e le proteine in forma amminoacidica presenti nei semi; questo ha permesso un miglior l’equilibrio chelante e di conseguenza migliora il trasporto e la metabolizzazione dei minerali nel corpo utili poi per le varie loro funzioni.

I germogli sono alcalinizzanti e questo, secondo alcuni studi, permette una protezione da numerose malattie e forme di malessere causate proprio da una eccessiva acidificazione del corpo.

La composizione in generale di un germoglio è suddivisa in 85% di acqua, dal 5% al 35% di proteine, poi troviamo lipidi, zuccheri solubili, vitamine, minerali e altre sostanze nutrizionali e salutari.

  • Il contenuto energetico è molto elevato, grazie alla presenza di zuccheri allo stato semplice e quindi veloci da metabolizzare e utilizzare anche immediatamente da parte del corpo. Anche se sono altamente energetici non contengono grassi complessi e l’apporto calorico di 100 gr di germogli si aggira intorno ai 45 Kcal.
  • Le proteine vegetali dei germogli permettono di inserire nella nostra dieta le percentuali corrette di proteine giornaliere necessarie senza però associarci grassi come accade nel caso degli alimenti di origine animale. Inoltre come abbiamo visto hanno poche calorie e ovviamente non contengono colesterolo, ottima combinazione per una dieta naturale e salubre.
  • La parte lipidica è sotto forma di glicerolo e acidi grassi che sono così più disponibili dei grassi complessi e quindi più salutari.
  • Le vitamine presenti nei germogli sono una riserva eccezionale e comprendono tutte le vitamine del gruppo B, il retinolo (vitamina A), vitamina C (antiossidante e antinvecchiamento) e tante altre a seconda del singolo germoglio. L’eccezionalità dei germogli è proprio la percentuale estremamente alta di vitamine che accrescono anche sino a 400% rispetto al seme non germogliato e quindi diventano un ottimo integratore naturale.
  • I sali minerali hanno alte percentuali nei germogli ed essenzialmente troviamo sodio, ferro, calcio, potassio e fosforo. Gli altri minerali sono presenti in percentuali differenti a seconda dei singoli germogli.
  • Molte sostanze presenti nei germogli oltre ad essere nutrienti hanno anche altre funzioni salutari (ad esempio sono anticancerogene).
  • Un esempio importante è sicuramente la clorofilla: questa sostanza vegetale è molto simile alla molecola dell’emoglobina e infatti sembra che aiuti alla rigenerazione del sangue, alla formazione dei globuli rossi e a una migliore ossigenazione di tutto il corpo. Inoltre facilita l’assorbimento della vitamina A e favorisce la digestione. Nei germogli la presenza di clorofilla è data dall’esposizione al sole e quindi è consigliato verso la fine della germogliazione lasciare i contenitori per almeno 8 ore esposti alla luce diretta.
  • La presenza di enzimi vivi e vitali già pronta nei germogli permette di integrare questi preziosi elementi che solitamente l’organismo deve produrre autonomamente con dispendio di forze ed energia; dato che i germogli sono una fonte ricchissima di enzimi possiamo attingere da questi alimenti senza mettere sotto sforzo il nostro organismo e aiutandolo in molti processi metabolici e fisiologici.

Ci sono inoltre molte altre sostanze nei germogli, sostanze che proteggono contro alcune forme di cancro, leucemia o altre malattie quali osteoporosi e altri malesseri. Questa loro funzione di prevenzione e questa ricchezza di nutrienti salutari rende i germogli degli alimenti funzionali.

I benefici dei germogli:

  • per avere una alimentazione equilibrata ricca di nutrienti a base di vegetali freschi anche autoprodotti
  • ricostituenti: in caso di convalescenza, stanchezza, debolezza e indebolimento anche causato da stress nervoso
  • rafforzare l’organismo: per aiutare a fortificare le difese immunitarie
  • per migliorare la digestione e la depurazione dell’organismo
  • per decongestionare e aiutare ad ossigenare gli organi
  • per combattere i radicali liberi e ringiovanire i tessuti
  • per alcalinizzare l’intero organismo salvaguardandoci da molte malattie
  • per aiutare il funzionamento di tiroide, fegato, reni e polmoni
  • in caso di carenze nutrizionali di varia natura sono ottimi integratori naturali
  • soddisfazione nell’autoproduzione: facilità, velocità, salute e nuovi sapori!

Tuberi e radici

I tuberi e le radici sono, dal punto di vista nutrizionale, parti edibli delle piante molto interessanti da prendere in considerazione. Sappiamo che alcune piante, da lunghissimo tempo coltivate dall’essere umano, hanno la speciale caratteristica di raccogliere nel tubero (talvolta nel rizoma) rigonfiato, particolari nutrienti come un deposito, una scorta. Questo accumulo di sostanze (in gran parte glucidi) ha in natura la funzione di garantire un sostegno per la pianta durante le stagioni fredde. Per questo motivo i tuberi e le radici sono diventati importantissimi, potremmo dire insostituibili, nello scacchiere alimentare mondiale. Ma non tutti i tuberi e le radici edibili sono esattamente uguali e non tutti hanno le stesse caratteristiche. Diversi tuberi e radici offrono diversi elementi nutritivi, e diversi tuberi e radici richiedono diversi trattamenti in cucina prima di passare nei piatti sulla tavola.

Patata

La patata è senz’altro il tubero più conosciuto e diffuso in tutto il mondo. Ricco, saporito, versatile, adattavile ai vari ecosistemi. Tutti sappiamo come si possono cucinare le patate vero? Fritte, lesse, in umido, arrosto, al cartoccio… c’è altro da dire a riguardo? Forse si: l’importanza della buccia. Quando le patate sono di origine biologica, dovremmo fare un pensierino sul mangiare anche la buccia. Ma partiamo dalla bollitura. Che si abbia o meno l’intenzione di mangiare la buccia, quando si tratta di bollire la patate, è sempre bene farlo con la buccia e toglierla solo alla fine, infatti pelare le patate prima di bollirle aumenterà solo la percentuale di nutrienti che andranno perduti. Ma passiamo al mangiare la buccia. La buccia, quando la patata è matura al punto giusto e non ha sfumature verdi, ovvero accenni di germogliazione, si puo’ benissimo mangiare previa adeguata pulitura, magari con una spazzola a setole dure. Questo verrà utile per preservare molti nutrienti concentrati nella buccia, ottima da mangiare specialmente se le patate verranno arrostite.

Due parole sullo yam e sul taro

Yam e taro sono ancora poco diffusi dalle nostre parti ma per gli esploratori del gusto non sarà difficile scovarli in qualche mercatino esotico per testarli in cucina. Sono alimenti ottimi sia dal punto di vista nutrizionale che da quello gastronomico ma c’è qualcosa che è necessario sapere. Quando abbiamo a che fare con taro e yam è fondamentale che essi siano cotti alla perfezione: una cottura approssimativa spesso si paga cara, niente di pericoloso ma chi passa attraverso questa esperienza non se la scorda certo facilmente: a causa di tossine come la dioscorina, la diosegenina e alcuni triterpeni, si avrà la terribile sensazione di avere ingoiato una manciata di vetri roventi che non vanno né su né giù per almeno un quarto d’ora. Niente di raccomandabile, insomma.

Carota e daikon

Passiamo alla carota e al daikon, il lungo ravanello bianco di origine asiatica. Entrambe queste radici sono ottime crude, a differenza di quelle descritte fino ad adesso. La carota è, come noto, ricchissima di vitamina A, è assai dolce e ideale anche per i bambini: cruda, lessa, al vapore, al forno, in purea, in succo, in una ratatouille. Il daikon, anch’esso buono da mangiare crudo (quando dolce), non si presta benissimo per essere lesso e cotto al vapore, ma dà il meglio di sé nelle minestre.

Patata dolce o batata

La batata, conosciuta anche come patata dolce, è una pianta molto interessante, tutta da scoprire per le sue numerose proprietà e per la versatilità in cucina. Cresce bene da noi e se ne possono tranquillamente mangiare anche le foglie. Ma veniamo al tubero: simile alla patata, la batata si può cuocere in tutte le maniere in cui viene cotta la patata, ma con una differenza non da poco: si può mangiare anche cruda, seppur senza esagerare nelle dosi. Mangiare la batata cruda significa poter approfittare di una miniera di sali minerali, vitamine e carboidrati è ricchissima di fibra alimentare, ha un altissimo livello di vitamina A e un buon livello delle vitamine del gruppo B, enzimi in quantità e numerosi metaboliti secondari interessanti per la prevenzione del cancro al fegato ed al cavo orale. Come detto, va mangiata cruda solo con parsimonia perché contiene anche degli enzimi che inibiscono l’assorbimento delle proteine se assunti in grandi quantità.

Tratto da: “Verdura: elenco, proprietà, valori nutrizionali

Autore: Letizia Miccoli

Fonte: www.cure-naturali.it

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